Writers of Europe: Germania
Bernhard Schlink: “Siamo
una generazione cresciuta con genitori che parlavano poco di se
stessi e per noi figli il ruolo della letteratura è stato quello di
permetterci di controllare il carattere acuto e senza forma.
L'intensità, il materiale dell'orrore, della sofferenza, del lutto e
fare forma a ciò che non ne ha per rendere le cose sopportabili. Ma
una cosa diventa sopportabile perché prende forma, una forma con la
quale possiamo confrontarci e che può delineare il nostro
comportamento”.
Christoph Hein: “Credo
che siamo tutti incatenati al tempo, alla società nella quale
viviamo ancora prima di averne la consapevolezza. Un bambino, ad
esempio, non si rende conto di questo, ma ci sono anche persone che
passano tutta l'esistenza senza rendersi conto fino a che punto la
loro vita sia parte integrante della storia”.
Wladimir Kaminer: “E'
l'unico senso della letteratura, perché gli esseri umani sono
piuttosto smemorati. La vita è molto breve, viviamo in un mondo del
tutto instabile, che cambia rapidamente, che si modifica ogni secondo
che passa. Le case si trasformano in polvere, le macchine in
ferraglia, gli uomini muoiono correndo a destra e a sinistra senza
sosta. L'unica cosa che esiste è quello che rimane scritto. Sono le
loro storie”.
Emine Sevgi Őzdamar:
“Volevo riportare i defunti alla mia memoria. Era il mio unico
desiderio. Volevo ritrovarli. Per esempio mia nonna, che ho amato
molto, e attraverso la scrittura puoi ritrovare i tuoi defunti. In
fondo, in tutti i miei libri ho ricercato le persone che ho tanto
amato e che avevo perso. Sapevo, nel profondo, che ciò che avevo
perso, non l'avrei mai ritrovato; invece, attraverso la scrittura
potevo superare questo limite”.
Bernhard
Schlink: “Degli anni '60 e '70, gli anni dei crimini del Terzo
Reich, della Shoah, quando sentivamo parlare di tutto questo, quando
lo leggevamo sui giornali, ci sentivamo terribilmente in colpa.
Allora io ho cominciato a fare delle domande: perché? Non eravamo
anche noi dei criminali? È vero, non eravamo presenti, non abbiamo
potuto partecipare, ma non abbiamo distolto lo sguardo. E sono
arrivato a questa conclusione: l'ho affrontata dal punto di vista di
storie del diritto e ho capito che, quando un membro di un gruppo
sociale ferisce un membro di un altro gruppo sociale, o lo uccide, ci
sono due soluzioni: o il gruppo respinge il colpevole come un corpo
estraneo, oppure il gruppo si mostra solidale con il colpevole e c'è
un fenomeno di integrazione e condivisione della consapevolezza.
Credo che questa sia una realtà sempre valida. Ci siamo sentiti
solidali con la generazione dei nostri genitori, dei nostri
professori, zii, o del pastore a cui volevamo bene e abbiamo appreso,
a un certo punto, che loro avevano partecipato agli orrori del Terzo
Reich e questo ha fatto sì che anche noi fossimo coinvolti e
implicati nella loro colpevolezza”.
Wladimir
Kaminer venne in Germania quando vinse un campionato di calcio. Dalla
Russia cadde in una realtà incredibilmente viva. Lui giunse lì da
ebreo e vene definito ebreo-russo, il “tedesco”, e in mille altri
modi. Vivere i primi anni fu una grande esperienza. Chiunque poteva
aprire un Caffè, bastava mettere delle casse di birra fuori dalla
finestra ed era fatta. Ma quei Caffè non erano bar qualunque, erano
centri culturali, dove si facevano dibattiti su storia, politica e
cultura.
“Epoi
ci sono i miei figli: il ragazzo va alle medie, la ragazza in terza
liceo. E si sentono di sinistra. Allora lei torna a casa una sera e
mi dice che è andata con il suo gruppo in un paese tedesco sperduto
a manifestare contro i nazisti. Che è stato incredibile, che c'erano
i poliziotti e che dalle finestre li fotografavano. Cioè lei aveva
scambiato gli autoctoni per poliziotti che registravano tutti. Per
questi ragazzi la Seconda Guerra Mondiale, la Shoah, sono tutti
eventi interpretati a modo loro, e lontani, come per noi potrebbe
essere il Medioevo, la Peste Nera. E poi frequentano turchi, croati e
per loro sono tutti tedeschi, cioè non fanno differenza etniche: se
questi giovani si vestono come tutti gli altri, sono come tutti gli
altri. È il look che li rende tedeschi”.
ALCUNI LIBRI DEGLI AUTORI CITATI:
“A voce alta. The
reader”, Bernhard Schlink, 2010, Garzanti
“La nostalgia del
ritorno”, Bernhard Schlink, 2007, Garzanti
“L' amico estraneo”,
Christoph Hein, 2014, E/O
“Una donna senza
sogni”, Christoph Hein, 2009, E/O
“Niente sesso: eravamo
socialisti. Miti e leggende del secolo scorso”, Wladimir Kaminer,
2014, Mimesis
“Non sono un berlinese.
Una guida per turisti pigri”, Wladimir Kaminer, 2013, Mimesis
“Il ponte del Corno
d'Oro”, Emine S. Özdmar, 2010, Ponte alle Grazie
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