Conferenza presso il Festival èStoria di Gorizia “Carlo Michelstaedter e i luoghi della libertà”
L'incontro cui ho
partecipato questo pomeriggio è stato uno dei più belli degli
ultimi anni. I relatori, ovvero i dottori Chiara Pradella,
Massimiliano Bottazzo e il professor Fabrizio Meroi sono conoscitori di lunga data
del loro esimio collega del Novecento e hanno saputo spiegare il
pensiero e la vita di Michelstaedter in modo fresco, attuale ed
estremamente vibrante.
Se credete che stia per
trascrivere gli appunti di una conferenza noiosa e indirizzata solo
ad anziani accademici, oppure a filosofi, vi sbagliate di grosso. Il
pensiero di Michelstaedter è quanto mai attuale e necessario,
soprattutto ai giovani, soprattutto per chi critica la società
contemporanea e la sua decadenza.
Leggete e se potete
stampate e divulgate.
Carlo è morto a 23 anni,
ma la sua eredità è immensa, un dono che non ha prezzo.
Dott.ssa Chiara
Pradella:
“Dopo cent'anni
parliamo ancora del filosofo goriziano Carlo Michelstaedter per
sondare la sua filosofia e per comprenderne ancora lati poco noti o
studiati.
Michelstaedter si sentiva
oppresso in famiglia, soprattutto a causa del padre, un
amministratore rigido e duro, ma era oppresso anche dalla società,
che sembrava attanagliare gli spiriti più liberi e dal costante
pensiero della morte.
Eppure c'era un luogo nel
quale riusciva a sentirsi libero: la soffitta di Palazzo Paternolli,
dove si incontrava con i suoi amici Mreule e Paternolli. Lì il
terzetto trascorreva ore a studiare, progettare, condividere idee e
paure. E sempre lì Michelstaedter si rifugiò durante gli ultimi
febbrili mesi della sua vita.
Oggi Palazzo Paternolli è
in vendita e la mia paura è che potrebbe fare la stessa fine della
casa del filosofo, quasi dirimpetto, che si nota per la sua targa
esterna, sulla quale sono riportate le informazioni di base su
Michelstaedter e la sua opera, ma che di fatto un luogo
Michelstaedteriano perduto per la comunità. Da mesi mi batto,
attraverso le trasmissioni radiofoniche e televisive, i giornali e
ogni altro mezzo a mia disposizione, affinché si possa impedire la
vendita di Palazzo Paternolli, perché l'ideale sarebbe quello di
riuscire a trovare le risorse necessarie a creare un museo nella sua
soffitta, che è stata così importante per Michelstaedter, mentre
nelle sale sottostanti, che un tempo erano la tipografia della
famiglia Paternolli, si potrebbero creare sedi amministrative o
commerciali.
Michelstaedter è morto a
soli 23 anni. Paternolli a 35, eppure durante le loro giovanissime
vite sono riusciti a fare la differenza con azioni e pensieri che
hanno travalicato i loro tempi”.
In calce a -una parte-
dell'intervento della professoressa, voglio aggiungere i dati che lei
stessa ha fornito al pubblico per portare avanti il suo progetto
“Salviamo Palazzo Paternolli”:
Facebook:
BLAZING FLAME
SALVIAMO PALAZZO
PATERNOLLI
Google+:
CHIARA PRADELLA
Twitter:
SeniaFlame
Telefono e mail:
345/0410578
pradellachiara89@gmail.com
Dott.
Massimiliano Bottazzo:
“Nell'88 ho conosciuto
Michelstaedter durante il corso di filosofia morale dell'università
di Padova, dove trattavano sia Michelstaedter che Heidegger. Durante
quegli anni universitari io e i miei compagni di studi ci riunivamo
in una soffitta. Lì abbiamo vissuto la stessa esperienza di libertà
che probabilmente hanno provato Michelstaedter, Mreule e Paternolli.
Noi studenti ci siamo
approcciati alle filosofie orientali per volontà di un nostro
professore e grazie a questa conoscenza io e i miei compagni abbiamo
scritto, nel '96, un lungo articolo sul pensiero di Michelstaedter e
il buddhismo, articolo che si trova anche presso il Fondo
Michelstaedter della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia.
A noi interessava capire
cosa fosse la persuasione.
Forse il luogo della
persuasione è proprio il luogo della soffitta Paternolli. Ma come
definirla esattamente? Secondo noi è un pensiero che si
autodefinisce facendosi, provandolo. L'esperienza buddhista che
avevamo fatto aveva anche gettato luce sul pensiero di
Michelstaedter.
Mreule è l'amico con la
personalità più complessa del terzetto, un personaggio romantico,
che fugge in Patagonia per tre anni e poi torna. Noi, partendo da una
sua affermazione, ci siamo illuminati: Mreule non ha mai scritto
nulla su Michelstaedter fino a molti anni dopo la sua morte. Quando
lo fa, compara Michelstaedter al Gautama.
Partendo da questo ci
siamo buttati per capire cosa avevano scoperto Michelstaedter e
Gautama in Paesi e a distanze temporali tanto ampie: che la vita è
sofferenza, dolore. La pratica di libertà che i tre amici goriziani
hanno messo in pratica in quella soffitta è il pensiero di
liberazione da quel dolore.
Invito, per chi fosse
interessato a leggere il nostro articolo, di cercarlo nel Fondo
Michelstaedter. Si intitola: “La pazza persuasione. Breve confronto
fra Michelstaedter e il buddhismo”.
Mi permetto infine di
ringraziare Chiara per la sua lotta: si scontra contro la rettorica
della vita, cioè con i soldi. Spero che sia l'inizio di un viaggio
fruttuoso, perché ci sono un sacco di luoghi Michelstaedteriani qui
intorno e si potrebbero creare dei percorsi, ma tutto attraverso un
concerto di contributi: il comune, la comunità ebraica, ecc.”.
Prof. Fabrizio
Meroi:
“Il pensiero di
Michelstaedter è molto complesso. Per quanto mi riguarda, stasera
vorrei concentrarmi su qualcosa di nuovo: il suo pensiero ruota
intorno alle idee di persuasione e rettorica. Sono due cardini che si
contrappongono.
La persuasione
rappresenta l'idea guida della sua ricerca, della sua vita, la
dimensione dell'autenticità durante la vita; la rettorica cerca di
mettere i bastoni tra le ruote a coloro che provano a mettersi nella
condizione della persuasione.
La rettorica è la
società, con tutte le sue costruzioni e istituzioni.
La prima parte della tesi
di Michelstaedter parla della persuasione, mentre la seconda si
riferisce alla rettorica; paradossalmente la rettorica è stata più
apprezzata della persuasione dalla critica filosofica. Si è vista
una parte importante della società contemporanea. Michelstaedter è
visto come precursore di molti punti della nostra società. Della
rettorica si è dunque parlato molto di più che della persuasione.
Per quanto riguarda la
persuasione ci sono quattro punti attorni ai quali ruota:
- possesso: ovvero il possesso di noi stessi, un avere se stessi, essere se stessi. È il solo del miglior pensiero classico, da Socrate in poi, lo Stoicismo, il cercare dentro di noi anziché fuori di noi;
- il presente: qui Michelstaedter è molto Schopenaureiano e Leopardiano. Esclude passato e futuro su basi Schopenaueriane. Il giovane Michelstaedter ciò che chiede lo chiede per se stesso, adesso, subito. Il suo è un percorso nel presente;
- attività: “Attraverso l'attività alla pace” è uno dei tanti motti Michelstaedteriani. Il padre di Michelstaedter diceva: “Separare sempre la pratica dalla teoria”. Il figlio vuole sparigliare questo, vuole mettere insieme pratica e teoria;
- comunità: io e gli altri. Io e il mondo. Del mondo non si può fare a meno. Michelstaedter è visto come eremita, autarchico, ma non è questo l'esito del suo percorso” il tema della solitudine e del deserto ci sono, ma sono un'esperienza della rettorica che si insinua dentro di noi. Lui è aperto alla comunità, alla condivisione, alla ricerca della persuasione con gli altri, non a caso si riuniva in soffitta per parlare e condividere con i suoi amici. Non a caso afferma: “Essere persuasi e persuadere”.
A 23 anni Michelstaedter
muore. Decide di togliersi la vita. Qui dobbiamo fare i conti con
interpretazioni sul suo omicidio. Abbiamo quindi fatto i conti con il
giudizio di un Suicidio Metafisico, ovvero una conseguenza della sua
filosofia. Questa idea è stata prodotta a soli 19 giorni dalla sua
morte, ovvero quando il filosofo e scrittore Giovanni Papini lanciò
questa idea del Suicidio Metafisico.
Noi tre rigettiamo
completamente questa lettura. C'è un pessimismo di fondo che
riguarda appunto la rettorica, ma Michelstaedter vuole opporsi a essa
aggiungendo la persuasione.
E ora una critica a
Marcello Veneziani e al suo libro “Carlo Michelstaedter e la
gioventù” (2014). anche qui parla molto del Suicidio Metafisico e
in modo ambiguo e tortuoso. Noi crediamo invece che è stato un
evento accidentale, una conseguenza delle crisi familiari,
soprattutto degli ultimi litigi con la madre.
Michelstaedter giovane. A
23 anni Michelstaedter ci lascia avendo scritto un'opera importante,
che per un verso non sembra l'opera di ventritreenne e per un altro
sì.
Il fatto è che ci
troviamo di fronte a un pensiero giovane e a tratti immaturo. E come
è stato visto dagli altri? Ci sono due scuole di pensiero, di base:
- da un lato chi la vede come Giovanni Gentile, che stronca “La persuasione e la rettorica” nel '22. egli accetta la rettorica, ma giudica inconsistente la persuasione. Secondo lui i difetti maggiori sono che il pensiero di Michelstaedter non è una filosofia, poiché è troppo acerba, non ha né metodo, né sistema.Insomma, si tratta di un libro giovanile, detto in senso negativo. La giovinezza quindi rappresenta un dato negativo che inificia la ricerca filosofica del suo autore.
- Pietro Piovanni e il suo allievo Fulvio Tessitore, nei primi ani '70, invece, sono di tutt'altro avviso. Essi scrivono una bellissima presentazione della tesi di Michelstaedter: “Un caso Michelstaedter esiste nella cultura italiana del Novecento. È una realtà che l'Italia non deve ignorare. Piaccia o no il giovane goriziano è il più sconcertante filosofo italiano”. Secondo il loro pensiero, dunque, Michelstaedter è acerbo ma in senso positivo, l'acerbità qui è un mix di pregio e limite, ma proprio per questo diventa soprattutto un pregio!
Il punto non è tanto che
il pensiero di Michelstaedter è la filosofia di un giovane, ma che è
un pensiero che si riferisce ai giovani. Michelstaedter è
estremamente pedagogico.
Michelstaedter si scaglia
contro l'educazione scolastica, secondo lui una cattiva educazione. È
una critica alla società intera (lavoro, istituzione, ecc...) che si
conclude con il disprezzo maggiore verso l'educazione scolastica: i
veri e i più grandi schiavi della rettorica sono i bambini e i
giovani.
Sono pagine di fuoco: “La
peggior violenza si esercita sui bambini”. Secondo lui, attraverso
l'educazione scolastica si incamicia e si ingabbia l'individuo fin da
bambino. Con la promessa del gioco e del dolce, prima gli si imprime
il senso del dovere e della rettorica. Proprio quello che gli diceva
suo padre: la teoria separata dalla pratica.
Ma Michelstaedter si
limita a mettere ai ferri corti l'educazione senza fornire
alternative? No, lui non condanna l'educazione tout-court: lui dice
che essa deve cambiare. Magari attraverso il suo motto: “Essere
persuasi e persuadere”. Il giovane persuaso che persuade il
giovane. Ecco che la dimensione comunitaria lui la vive e la manda
avanti nella soffitta con i suoi amici e cerca di spargerla verso
tutti. Lui crede nella possibilità di insegnare la persuasione e la
libertà.
Michelstaedter apprezzava
Gesù, ma non quello cristico, bensì il Gesù di Nazareth, un Gesù
che è modello di persuasione, di pedagogia.
Si può persuadere
seguendo, ma non imitando, non scimmiottando: dobbiamo trovare la
nostra via alla persuasione, che è personale e unica.
Michelstaedter ha provato
a fare l'educatore: con Emilio Michelstaedter, il cugino di cinque
anni più giovane, cui ha insegnato per prepararlo alla maturità.
Michelstaedter afferma che “se lui ha fatto qualcuno, questo
qualcuno è Emilio”, nel senso che lo ha formato. E proprio in una
lettera al nipote, che si trova in montagna, dopo aver conseguito la
maturità, il filosofo scrive: “... mi hai mandato dei ciclamini e
io spero che attraverso essi e la natura tu ti sia potuto sentire
libero e persuaso””.
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