Cosa abbiamo (ancora) da imparare da Giacomo Leopardi

Non accade ogni giorno, ma ci sono ore felici durante le quali l'astio per il pagamento del canone Rai mi passa di colpo. Per esempio succede quando posso godere di programmi interessanti e preziosi come “Visionari” di Corrado Augias, in onda il lunedì in seconda serata su Rai Tre.

Che io abbia una predilezione per questo saggio giornalista del nostro Paese, si sa da tempo. Ho apprezzato la sua conduzione di “Storie”, sempre su Rai Tre, sostituita da “Pane quotidiano” e Conchita de Gregorio, senza contare gli innumerevoli spettacoli teatrali in cui il nostro ha portato in scena le storie di storici, filosofi, letterati e scienziati nel passato. La sua descrizione di Giordano Bruno è altissima.

Scrivo questo post su un episodio di “Visionari” in particolare: quello del 15 giugno 2015 che ha riguardato la vita e il pensiero del sommo poeta, letterato e pensatore italiano Giacomo Leopardi. Durante la serata sono intervenuti professori, studiosi e attori e io ho trascritto quelle che ritengo essere le riflessioni più importanti, perché Leopardi parlava a noi, sì, anche agli italiani del XXI secolo.


Il suo passaporto lo descriveva così:

Età 21 anni.
Statura piccola.
Capelli neri. Sopracciglia nere.
Occhi cerulei.
Naso ordinario. Bocca regolare. Mento simile.
Carnagione pallida.
Professione possidente

Infatti Leopardi era conte e il suo palazzo avito a Recanati domina gran parte del suo paese e il colle sul quale lui ha tanto passeggiato e dal quale ha tratto ispirazione.

Il padre era un gentiluomo, vestì sempre di nero alla moda dell'Ancien Regime, strenuo difensore della Chiesa, grande tradizionalista.
La madre Adelaide Antici Mattei era di famiglia nobile romana. Era nata di carattere sensibilissimo ma, proprio per giudizio del figlio Giacomo, fu rovinata dalla sua stessa fede. Divenne infatti una cattolica praticante severissima.


In questa ricca biblioteca paterna, un vero gioiello dell'epoca, una rarità per la quantità di tomi presenti, Giacomo trascorse gran parte del suo tempo fin dalla primissima infanzia e a prescindere dalle indicazioni dei precettori. Leggeva da mane a sera, era preso in modo spasmodico dallo studio.

Il fratello Carlo scrisse infatti di lui:

“Nessuno è stato testimone del suo affaticamento più di me,
che avendo sempre nella prima età dormito 
nella stessa camera assieme a lui
lo vedeva svegliandomi nella notte tardissima 
in ginocchio avanti al tavolino
per poter scrivere fino all'ultimo momento col lume che si spegneva”.

Da “Lo Zibaldone”, 30/11/1828 (Leopardi era 30enne):
“All'uomo sensibile e immaginoso che viva come io sono vissuto gran tempo: sentendo di continuo e immaginando che il mondo e gli oggetti sono in un certo senso doppi. Egli vedrà con gli occhi una torre, una campagna, udrà con le orecchie un suono di campana ma, nel tempo stesso, con l'immaginazione vedrà un'altra torre, un'altra campagna e udrà un altro suono. In questo secondo genere di objetti sta tutto il bello e il piacevole delle cose”.

Insomma, ciò che conta non è quello che cade sotto la percezione dei nostri sensi, ma ciò che con la nostra percezione riusciamo a ricreare in un'altra dimensione.

L'attore Elio Giordano sul poeta, che ha impersonato nel film di Mario Martone “Il giovane favoloso” (2014):


“Una delle cose che insegna l'opera letteraria di Leopardi, soprattutto a livello professionale, per quello che mi riguarda, è che le persone sono tutto e il contrario di tutto: sono fredde e calde, buone e cattive; non esistono le definizioni, quelli sono personaggi. Le persone contengono tutti gli opposti dentro di sé.
Leopardi era pessimista rispetto al suo momento storico, rispetto agli uomini positivi del suo tempo, coloro che avrvano una visione lineare del tempo: la chiesa e gli uomini della sua epoca. Lui aveva una visione ciclica del tempo.
Il grande insegnamento di Leopardi è che le cose sono nascoste dietro i loro contrari. Non esistono posizioni nette”.


Descrizione degli italiani secondo Leopardi (anno 1824, aveva 26 anni) e conversazione con la Prof.ssa Novella Cantarutti, Letteratura Italiana all'Università La Sapienza di Roma:

Dal “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”:
“Siamo dedicati ai passeggi e cose tali, la vivacità del carattere italiano che fa loro preferire i piaceri degli spettacoli e gli altri diletti de’ sensi a quelli più particolarmente propri dello spirito, e che gli spinge all’assoluto divertimento scompagnato da ogni fatica dell’animo e alla negligenza e pigrizia; queste cose non sono che le menome e le più facili a vincere tra le ragioni che producono il sopraddetto effetto. Certo è che il passeggio, gli spettacoli, e le Chiese sono le principali occasioni di società che hanno gl’italiani, e in essi consiste, si può dir, tutta la loro società (parlando indipendentemente da quella che spetta ai bisogni di prima necessità), perché gl’italiani non amano la vita domestica, né gustano la conversazione o certo non l’hanno. Essi dunque passeggiano, vanno agli spettacoli e divertimenti, alla messa e alla predica, alle feste sacre e profane. Ecco tutta la vita e le occupazioni di tutte le classi non bisognose in Italia.”

Insomma, un trattato di socio-antropologia con dettagli di politica. Gli italiani vengono fuori come un'accozzaglia di persone creative ma senza alcun senso della società e dello Stato. Noi, individualmente presi, siamo anche molto forti, ma insieme... perché l'Italia non ha un centro, non l'ha mai avuto. L'Italia, soprattutto all'epoca, per esempio non ha un teatro. Gli italiani vanno in chiesa, stanno al Caffè, stanno fuori casa anche per una questione di clima.
Certo è che lo spettacolo, i passeggi e le chiese non hanno a che fare con quella società che hanno gli altri Paesi, che crea coesione, comunione, identità. Lo spettacolo i passeggi e le chiese sono le principali occasioni di società che hanno gli italiani e in essi consiste, si può dire, tutta la loro società.

E cosa fanno gli italiani quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti, difficili dal punto di vista sociale? Qual'è l'atteggiamento dell'italiano? Ride, ride di tutto.

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