Resoconto della serata “Notte dei lettori – Di lei e di contâ”, evento “Jugo” con Angelo Floramo, Fabio Amodeo e la sottoscritta

Partecipare a un evento come quello di ieri sera è una grande emozione di per sé, ma essere affiancati sul palco da due scrittori e studiosi così bravi e umani è un dono molto raro, soprattutto di questi tempi. Per questi motivi (e non solo) sono entusiasta della notte culturale vissuta a Udine grazie all'organizzazione dell'Associazione Bottega Errante, creatrice della “Notte dei Lettori”, giunta alla seconda edizione.

Sul palco il vero mattatore è stato Angelo Floramo, che non soltanto ha narrato con grande generosità le sue esperienze e i suoi ricordi, ma è stato capace di offrire a me e a Fabio Amodeo argomenti sui quali intessere le nostre rimembranze e le conoscenze storiche.

Ricordo che Angelo Floramo, oltre a essere un insegnante e il direttore della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, è autore di “Balkan circus”, edito da Ediciclo:


Mentre il giornalista Fabio Amodeo ha scritto diversi saggi sul tema della Seconda Guerra Mondiale e ieri presentava la sua ultima fatica: “Tito spiato dagli inglesi”, Mgs Press


Durante la nostra lunga chiacchierata, durata ben oltre un'ora, abbiamo spiegato la storia dell'ex-Jugoslavia, la personalità di Tito; Amodeo ha descritto quali sono le ragioni del disfacimento della madre patria dei miei genitori: da un lato la stanchezza di Tito, che superati gli ottant'anni ha lasciato andare la sua terra alla deriva e poi il grosso debito pubblico contratto dalla federazione con diversi altri Stati.

Floramo ha fatto presente che gli orrori occorsi nell'ex-Jugoslavia devono rappresentare un monito per gli italiani, in primis, per questo motivo lui porta le quinte elementari alle quali insegna in paesi come Tuzla, in Bosnia, per mostrare loro quanto è accaduto e imprimere nelle loro memorie quale rischio si corre quando “non si sa”, o quando non si ricordano certe atrocità. Ha raccontato anche la riorganizzazione post-bellica: in luoghi tragici come Srebrenica, alle vedove e vittime di guerra musulmane è stato offerto un lavoro da una Rada Žarković, una serba. Producono marmellate ai lamponi e frutti di bosco deliziose che vendono in tutta Europa -in Italia si trovano nelle Coop-. In questo modo queste signore possono avere un lavoro onesto e ricominciare, benché a fatica e con un macigno sul cuore, una nuova vita.




Io ho raccontato la cucina di famiglia -citando il mio secondo libro, appunto, “Il ricettario di Baba Ljuba – la cucina rurale Jugoslava”, Segno Editore- il modo in cui mia madre prepara il burek, che in casa chiamamo semplicemente pita, una pasta sfoglia sottile che trova le sue origini addirittura in Afghanistan ed è arrivata nelle terre slave grazie agli ottomani che le hanno conquistate. Molto sangue è stato versato prima, durante e dopo quella invasione, tuttavia se oggi nei Balcani abbiamo i cevapčići, le ormašice e il burek, tanto per fare tre esempi, è agli ottomani che lo dobbiamo. Quindi il melting pot non porta solo negatività, ma può lasciare in eredità un enorme bagaglio di opportunità e arricchimento. Anche questo rappresenta in fondo un consiglio per i contemporanei, in ogni luogo essi si trovino: non necessariamente l'arrivo di stranieri deve essere visto in modo negativo, come una minaccia alla propria identità culturale ed etnica. Se si collabora in maniera costruttiva ci si può arricchire vicendevolmente. Esattamente come avrebbe potuto fare l'ex-Jugoslavia, se avesse “potuto attendere” il concretizzarsi dell'europeismo: senza provocare una guerra civile sarebbe potuta entrare in Europa, appunto, come una federazione aggiunta e crescere in seno a una Madre con tanti altri figli. Se... purtroppo la storia non si fa con i “se”, e nemmeno con i “ma”, ed è per questo che ieri sera abbiamo parlato di una terra che non c'è più, sotto il nome di Jugoslavia, ma che per la sua forza e il suo carattere continua a esistere ancora in moltissimi cuori.

Commenti

Post popolari in questo blog

Recensione: “Sangue impuro” di Borislav Stankovic'

Recensione: “Scandalose” di Cristina de Stefano