Frammenti di una critica cinematografica


Ieri sera ho voluto rivedere questo film per la seconda volta. Troppe sono le argomentazioni di cui tratta, e poi nutrivo la necessità di discuterne anche con chi l'ha visto a sua volta, per uno scambio di opinioni.
Ho così avuto la conferma, ove ce ne fosse bisogno, che la maggior parte della gente ragiona o come Freud (molto razionalmente) o come Jung (creativamente).
La trama del film è nota: la storia vera della paziente ebrea russa Sabine Spielrein, che viene portata in cura da Jung, a causa di forti problemi psichici. Jung userà il metodo 'delle parole' di Freud per curarla, scoprendo che Sabine era stata vittima, da bambina, degli abusi paterni e che il suo presente e futuro sarà contraddistinto da necessità sessuali diverse da quelle che potrebbero essere considerate nella 'norma'.
Jung viene colpito dall'intelligenza della ragazza, dal suo talento per la psichiatria, che nemmeno la malattia mentale riesce a nascondere. Riuscirà a guarirla e lei intraprenderà brillantemente gli studi medici, pur rimanendo sotto la sua cura.
Nella sua clinica, però, arriverà anche il psichiatra Otto Grass, mandato da Freud perché impossibilitato a occuparsene personalmente. Grass è un tossicomane e un bordeline, per cui "nulla va represso" e la libertà è la cosa più semplice che possediamo, ma tendiamo a complicarla. Jung, che si auto-definisce borghese filisteo, viene attratto da questa figura carismatica come una falena dalla luce e, divenendo paziente del suo paziente, segue la cura del dottore. Abbraccia la relazione extra-coniugale con Sabine, salvo poi spezzarla in più occasioni, gettando lei nella disperazione.
Nel frattempo, anche Freud entra in relazione con la giovane psichiatra, in quanto Sabine, curata col suo metodo, decide di diventare una sua studentessa, scatenando l'ira di Jung, che col Psichiatra/Profeta/Padre ha rotto i rapporti.
Qui si vede la profonda frattura tra un Freud che comanda di aiutare i pazienti a scoprire i loro disturbi aprendo loro la porta sulla malattia e poi richiudendola e un Jung, che invece cerca il metodo per andare oltre, per far 'risorgere' il paziente dalla malattia. Un Freud secondo il quale tutte le malattie psichiche sono conseguenza di pulsioni sessuali e un Jung per il quale potrebbero esserci altre vie. Per Freud lo psico-analista deve rimanere contenere i suoi studi entro certi limiti. Per Jung i limiti non ci sono e sfociano anche nella mistica.
Insomma, una guerra di fazioni. Razionale contro irrazionale. E Sabine? Sabine cercava la via di mezzo. Il buono nelle idee di Freud e quello nelle idee di Jung.
Il film termina con Jung sofferente di un lungo e debilitante crollo di nervi. Pesa su di lui il dolore per la rottura con Freud, la sofferenza che gli provocano le proprie ricerche psicanalitiche e la rottura definitiva con Sabine.
Lei, a sua volta, si è rifatta una vita, è tornata in Russia, ha sposato un medico e messo in pratica le sue conoscenze di psicanalisi infantile con estremo successo, ma il nazismo ghermirà, con le sue lunghe braccia, sia lei che le sue due figlie.
Continuo a credere che la giusta via sia quella in mezzo. Freud oggi è superato e Jung ha aperto molte porte alla psicanalisi, le sue idee sono valide ancora oggi, ma i suoi successori sono andati avanti a loro volta.
Sabine, per il tempo che le è stato concesso di vivere, ha tratto il meglio da entrambi gli estremi, li ha trasmutati in sè e ha fatto il bene di molti bambini.
Stai a vedere che, però, gli estremi sono materia maschile e l'armonia, l'equilibrio, femminile. Quello che sto cominciando a pensare è che, anche a livello biologico, uomini e donne siano diversi in questo senso, probabilmente perché fin dalle epoche più remote l'uomo ha dovuto lottare per sopravvivere e procacciarsi il cibo, mentre la donna ha dovuto trovare e preparare 'il nido' nel modo migliore per poter crescere i figli, gli uomini e mantenere la quiete.
Ciò che io ritengo pericoloso in un uomo, per sè stesso e per il prossimo, potrebbe essere insito nella sua stessa carne, far parte della sua stessa anima. Solo un lavoro molto raffinato, di estrema evoluzione, potrebbe portarlo all'ideale condizione di androginia, laddove l'uomo assume anche le virtù femminili di armonia. E la stessa cosa vale per la donna.
Ma non è un passo che compiono tutti. Qui entra in gioco il libero arbitrio. Ognuno decide se evolvere, rimanere dov'è, oppure involvere.

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